Nel 2007 agli automobilisti dei grandi Comuni ogni giorno di sosta “forzata” è costato 64 milioni di euro. Rendere competitivo il Tpl, parcheggiare a tariffe convenienti e più posteggi per eliminare la mobilità superflua, modificare orari di scuole, uffici, servizi pubblici e negozi
“Basta con i blocchi del traffico. Gli automobilisti non li sopportano più perché sono inutili e costosi”.
Non ha usato mezzi termini il presidente dell’Automobile Club d’Italia, Enrico Gelpi, per bollare come “demagogici” e di “facciata” provvedimenti quali i blocchi della circolazione e le targhe alterne.
“Non sono soluzioni serie, anzi: non sono affatto soluzioni”, ha detto aprendo oggi la 64ma Conferenza del Traffico e della Circolazione di Riva del Garda, intitolata ‘Esigenze di mobilità e salvaguardia ambientale: quale sintesi per la sostenibilità?
Alla cerimonia inaugurale hanno partecipato Michela Vittoria Brambilla, sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio con delega al Turismo, e – in videoconferenza da Roma – Altero Matteoli, Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.
“Gli automobilisti non sono insensibili alla salute pubblica – ha detto il presidente dell’Aci – perciò dicono basta a questi provvedimenti e chiedono interventi seri, strutturali e permanenti. Nonostante i blocchi, le domeniche a piedi, le limitazioni alla circolazione, eco-pass e altre ingegnose trovate, l’aria che si vorrebbe rendere più pulita continua a restare sporca. Ciò significa che gli interventi generalizzati di limitazione della mobilità privata non soltanto non producono benefici in termini ambientali ma si fanno sentire anche nelle tasche degli italiani. Lo scorso anno, ogni giorno di sosta “forzata” dei circa 5,2 milioni di veicoli non “euro 4” (il 72% del totale) che circolano nei dieci comuni italiani più grandi è infatti costata alle famiglie oltre 64 milioni di Euro. A ciò va aggiunto l’esborso per il mezzo (autobus, metro o taxi) che si è dovuto comunque utilizzare per muoversi”.
“Sono anni ormai – ha sottolineato Gelpi – che la soluzione più semplice e più comoda per le amministrazioni locali è limitare l’uso dell’auto privata, spesso in maniera discriminata e poco razionale, senza tenere conto del rischio di esclusione sociale per molti cittadini che non dispongono di una valida alternativa al mezzo privato. Effetti distorsivi che l’Aci denuncia da tempo. Per questo valutiamo positivamente – ha detto il presidente dell’Aci – l’intenzione da parte del Comune di Roma di non replicare il provvedimento delle targhe alterne”. Di qui l’invito a “ritornare sui propri passi” agli altri Comuni: “devono uscire anche loro dal perenne clima di emergenza, andare oltre la politica dei divieti e intraprendere un nuovo percorso finalizzato a interventi integrati e sistemici”.
Per garantire omogeneità ed efficacia alle politiche locali di contenimento dell’inquinamento, l’Aci chiede l’emanazione di una norma quadro che stabilisca a livello nazionale criteri uniformi in base ai quali le autorità comunali possano predisporre provvedimenti di limitazione della circolazione, con particolare riferimento alle tipologie di veicoli e alle loro dotazioni tecnologiche (filtri antiparticolato, motori Euro5, ecc.), ai criteri delle politiche tariffarie per l’accesso ai centri urbani, all’individuazione di alternative di trasporto al mezzo privato, alla definizione di una segnaletica uniforme per le aree sottoposte a limitazione; allo studio di metodologie per il monitoraggio e la comunicazione pubblica dei risultati perseguiti.
Secondo l’Aci, occorre ridurre le emissioni dei veri responsabili dell’inquinamento: centrali elettriche (che producono il 25% della CO2), riscaldamenti domestici (23%) e industrie (19%, contro il 5,5% delle auto); investire nel tpl, per renderlo davvero competitivo rispetto al mezzo privato; giungere a un’adeguata gestione della sosta sia in termini tariffari e sia di maggiore disponibilità di posti e modificare – alternandoli – gli orari di scuole, uffici, servizi pubblici e negozi, in modo da evitare che tutti siano costretti a muoversi nelle stesse ore.
Sugli ingressi a pagamento nelle aree urbane, i cosiddetti provvedimenti di “congestion charge”, il presidente dell’Aci, guardando ad alcune esperienze europee, si è detto possibilista, “a condizione che ci sia la certezza che gli automobilisti si vedano restituire i soldi pagati con l’adeguamento delle infrastrutture e il miglioramento della viabilità. Nel nostro Paese invece – si pensi all’eco-pass milanese – gli ingressi a pagamento finiscono per scontentare i cittadini e non producono alcun beneficio concreto sull’ambiente, alimentando il dubbio che i Comuni se ne servano per alimentare le proprie casse, come nel caso delle multe”.
“Il vero problema è che in Italia – ha rilevato Gelpi – si fa una fatica immane a creare una nuova cultura della mobilità. E l’Aci non si erge a difensore dell’utilizzo dell’automobile a tutti i costi. Se oggi più del 75% degli italiani usa l’auto per andare a lavorare, malgrado la cronica assenza di parcheggi e gli elevatissimi costi di gestione (nel 2007 per comprare e mantenere l’auto gli italiani hanno speso 160 miliardi di euro, 46,5 dei quali se ne sono andati in tasse!), il motivo è ben noto: la mancanza di un trasporto pubblico efficiente e un sistema d’intermodalità nei trasporti che continua a esistere solo nel libro dei sogni”.
“Gli enti locali devono abbandonare la politica dell’emergenza – ha ribadito il presidente dell’Aci – perché il traffico e l’inquinamento non si possono fronteggiare con interventi sporadici ed isolati. Bisogna pensare al fabbisogno di mobilità dei cittadini già in fase di definizione dei piani di sviluppo urbanistico. L’Automobile Club d’Italia, infatti, sottolinea la necessità di una legge quadro che stabilisca l’obbligo della Valutazione di Impatto sulla Mobilità per ogni intervento di edilizia residenziale e commerciale”.
per saperne di più…Manu Mich. – clickmobility.it

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