Nel commuting quotidiano si conferma il ruolo predominante dell’auto privata, usata dal 70,2% dei pendolari, soprattutto dai lavoratori

ROMA. I PENDOLARI ITALIANI 'LAVORANO' UN MESE E MEZZO IN PIU' L'ANNO: LO DIMOSTRA INDAGINE DEL CENSIS

ROMA. I PENDOLARI ITALIANI 'LAVORANO' UN MESE E MEZZO IN PIU' L'ANNO: LO DIMOSTRA INDAGINE DEL CENSIS

Lo sviluppo dei servizi di trasporto collettivo non si è mostrato finora al passo con la crescita della domanda di collegamenti fluidi per arrivare a scuola, all’università, sul posto di lavoroAll' impennata della domanda non ha corrisposto un proporzionale aumento dell’offerta

I lavoratori pendolari italiani impiegano in media 72 minuti per gli spostamenti giornalieri di andata e ritorno, ovvero 33 giornate lavorative annue (un mese e mezzo). Se si riducessero i tempi di percorrenza da 72 minuti a 40 minuti, verrebbero risparmiate ogni anno ben 15 giornate andate perse nella congestione del traffico e nelle attese dei treni. La qualità del lavoro aumenterebbe e gli incrementi di produttività sarebbero vistosi.
Questi sono solo alcuni dei  principali risultati di un’indagine realizzata dal Censis, presentati venerdì presso la Sala delle Conferenze di Palazzo Marini da Alessandro Bianchi, ministro dei Trasporti, e Giuseppe Roma, direttore generale del Censis.

Complessivamente sono più di 13 milioni i pendolari in Italia (pari al 22,2% della popolazione residente), cresciuti fra il 2001 e il 2007 del 35,8% (un incremento che corrisponde a quasi 3,5 milioni di persone in più).
Gli spostamenti quotidiani fuori dal comune di residenza per motivi di studio o di lavoro hanno conosciuto una crescita straordinaria legata alla recente evoluzione socio-economica del Paese e dovuta, in particolare, almeno a tre aspetti:
– l’aumento degli occupati, passati dai 21,6 milioni del 2001 ad oltre 23 milioni;
– l’incremento degli studenti delle scuole secondarie di II grado e iscritti all’università, aumentati dai 4,2 milioni del 2001 a più di 4,5 milioni;
– ma soprattutto i fenomeni di “diffusione abitativa” che hanno mutato le  concentrazioni urbane in molte aree del Paese.

Oltre 5 milioni di acquirenti di case dal 2000 a oggi hanno segnato il più lungo e intenso boom del mercato immobiliare mai registrato in Italia. Il rincaro dei prezzi delle case ha determinato il trasferimento nell’hinterland di ampie quote di popolazione. Di giorno la popolazione delle 13 grandi città italiane (quelle con più di 250.000 abitanti) passa nell’insieme da 9 milioni 300 mila a 11 milioni 450 mila, con un incremento medio del 23%, per accogliere chi arriva da fuori per lavoro o per studio. Si tratta di 2 milioni 138 mila pendolari metropolitani.

In particolare, i pendolari che ogni giorno entrano a Milano sono 592 mila (il 45,4% della popolazione residente nel comune); 291 mila a Roma (con un aumento della popolazione cittadina del 10,8%); 249 mila a Napoli (25,6%); 242 mila a Torino (26,9%).I bilanci demografici segnalano, infatti, una progressiva erosione di residenti nelle grandi città (-4,8% tra il 1991 e il 2006), un netto aumento di residenti nei comuni della prima cintura (+9,3%) e, ancor più, della seconda corona urbana (+13,8%).

Il pendolarismo è, infatti, un fenomeno che si manifesta in prevalenza a livello locale, con spostamenti concentrati in gran parte su percorsi di limitata estensione territoriale. Per quasi l’80% i trasferimenti avvengono fra comuni della stessa provincia. Solo nel 4% dei casi si tratta di tragitti extraregionali. La distanza percorsa è in media di 24 km, e solo il 28% dei viaggiatori pendolari copre giornalmente tratte superiori ai 25 km. Mediamente si impiegano 43 minuti per ciascun tragitto, e solo un terzo degli spostamenti pendolari richiede più di 45 minuti.
I pendolari sono soprattutto impiegati e insegnanti (43%), studenti (23%) e operai (17,5%).

Nel commuting quotidiano si conferma il ruolo predominante dell’auto privata, usata dal 70,2% dei pendolari, soprattutto dai lavoratori (l’80,7% contro il 35,7% degli studenti). Il treno viene utilizzato dal 14,8% dei pendolari, cioè più di 1,9 milioni di persone, per spostarsi in ambito locale e metropolitano, come unico mezzo di trasporto o in combinazione con altri mezzi. La percentuale sale notevolmente tra gli studenti (32,7%) e scende al 9,3% tra i lavoratori. All’ultimo posto gli autobus extraurbani e le corriere, con una quota di mercato del 10,7% (28% per gli studenti, e 5,5% per i lavoratori).
La spesa mensile a carico dei pendolari è in media di 45,30 euro per gli utenti degli autobus extraurbani, di 49,20 euro per chi viaggia in treno, e aumenta notevolmente per i pendolari automobilisti, che spendono 109,50 euro al mese solo per il carburante. Un pendolare che usa l’automobile, percorrendo l’autostrada (con relativo pedaggio) e parcheggiando in un’area a pagamento, può arrivare a sostenere un costo annuo di 2.265 euro, ossia circa un decimo del reddito medio annuo: una cifra pari a quattro volte la spesa sostenuta da chi usa il treno per spostarsi (in media 540 euro all’anno).
“Code e traffico congestionato” vengono segnalati come i disagi più frequenti dal 35% degli automobilisti, il 18% indica i rallentamenti dovuti ai cantieri, il 7% le difficoltà di parcheggio. Le lamentele riferite al treno, invece, si concentrano soprattutto sul fattore “tempo”: la partenza in ritardo del convoglio (32%) e l’arrivo a destinazione oltre l’orario previsto (31%). Il ritardo medio denunciato dagli utenti del servizio ferroviario che subiscono ritardi è di 16 minuti per spostamento. I giudizi espressi dai pendolari che usano il treno promuovono l’accessibilità e la funzionalità dell’infrastruttura ferroviaria (raggiungibilità della stazione, velocità di marcia, frequenza delle corse, sicurezza dei convogli). Per altri aspetti, come la tutela da molestie e furti, le informazioni sul servizio, i tempi di attesa, la puntualità, il costo di biglietti e abbonamenti, vengono segnalati ampi margini di miglioramento. Le criticità maggiori riguardano la qualità del viaggio: l’affollamento delle carrozze, lo scarso comfort a bordo, l’inadeguata climatizzazione, la vetustà delle carrozze, la scarsa pulizia degli scompartimenti e dei servizi igienici, che ottengono tutti punteggi al di sotto della sufficienza.

Un’ampia fetta di pendolari non utenti del treno (più del 69%) si dimostra permeabile a ipotesi di shifting modale a favore del servizio ferroviario, ma questi pendolari rimangono esclusi dal servizio su rotaia a causa della mancanza di una rete infrastrutturale capillare ed efficiente. Si coglie a colpo d’occhio la distanza che separa le città italiane da tutte le maggiori conurbazioni europee dal punto di vista della dotazione di linee ferroviarie suburbane: oltre 3.000 km di rete a Berlino, 1.500 km a Francoforte, 1.400 km a Parigi, a fronte dei 188 km di Roma, i 180 km di Milano, i 117 km di Torino e i 67 km di Napoli.

Lo sviluppo dei servizi di trasporto collettivo non si è mostrato finora al passo con la crescita della domanda di collegamenti fluidi per arrivare a scuola, all’università, sul posto di lavoro. Nel 2007 Trenitalia ha trasportato 472 milioni di passeggeri sulle tratte locali e regionali: erano 465 milioni nel 2006, 444 milioni nel 2005, 435 milioni nel 2004, 430 milioni nel 2003, 423 milioni nel 2002, 412 milioni l’anno prima. A questi dati bisogna sommare i passeggeri che hanno viaggiato sulle altre ferrovie regionali concessionarie, anch’essi in continua crescita (circa 250 milioni all’anno). A tale impennata della domanda non ha corrisposto un proporzionale aumento dell’offerta, nonostante il rapporto tra la domanda locale/regionale e i viaggiatori su treni a media/lunga percorrenza sia di 9 a 1. Occorre tuttavia far crescere un mercato della mobilità pendolare sostenibile nella sua componente principale, il vettore ferroviario, per ridurre i costi sociali, economici e ambientali prodotti dagli spostamenti dei pendolari, investendo di più sul ferro nei nodi urbani e attraverso politiche tese allo sviluppo dell’intermodalità.

Manu Mich. – clickmobility.it

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