Non la sovrappopolazione, ma l’urbanizzazione è la vera minaccia per l’umanità secondo lo speciale di Popoli di marzo "Tanto nei Paesi industrializzati quanto nelle economie emergenti asiatiche e latinoamericane la mobilità è ormai vicina al collasso e il rischio è che, anche per i Paesi africani, questo sia l’unico destino possibile. Ma si fanno strada esperienze e politiche diverse, ispirate al bene comune"
La rivista di respiro internazionale Popoli analizza sul numero di marzo il crescendo dell’urbanizzazione sottolineando come le nuove tecnologie dei trasporti e delle comunicazioni hanno ampliato a dismisura la mobilità degli uomini e delle merci. Nell'articolo introduttivo allo speciale il Vicedirettore di Legambiente Andrea Poggio sostiene che l'urbanizzazione "preoccupa i governi del mondo più della sovrappopolazione, ed è proprio nelle città più grandi che, in tutto il mondo, il sistema dei trasporti è al limite del collasso". "Il traffico è il fattore limitante allo sviluppo urbano dal punto di vista ambientale, economico e sociale – prosegue Poggio nel suo articolo – Partiamo da qualche dato sull’Italia: i trasporti sono causa del 35% dei consumi finali di energia e del 27% delle emissioni inquinanti (contro una media europea del 23%); con 60,4 veicoli ogni 100 abitanti noi italiani siamo, dopo il Lussemburgo, il secondo Paese europeo per tasso di motorizzazione; ancora, siamo la nazione europea che conta più morti sulle strade (4.090 nel 2011): ognuno di noi ha 93 probabilità su un milione di morire ogni anno in un incidente. Allarghiamo ora lo sguardo, tenendo però come riferimento la situazione italiana. Sono le città cinesi, seguite da quelle indiane, che si scoprono tra le più inquinate al mondo: a Pechino, il particolato ultrafine (Pm2,5) è dieci volte più alto che a Torino. Il tasso di motorizzazione cinese è però un sesto di quello italiano, pari a quello che avevamo nel 1960. Gli standard di emissioni inquinanti e di efficienza energetica dei veicoli attualmente venduti in Cina e in India sono indietro di soli dieci anni rispetto ai nostri." La tesi del Vicedirettore di Legambiente è che: "Il modello di trasporto che conosciamo non è soltanto insostenibile per l’ambiente, urbano e non; si dimostra anche socialmente insostenibile, incapace di garantire a tutti quella libertà di movimento (delle persone e delle merci) che dovrebbe essere alla base del suo successo. Nelle città più povere, dove solo una minoranza possiede l’auto, come nell’Occidente sviluppato: in Italia per effetto della crisi e del caro trasporti (aumento della benzina, dei biglietti ferroviari e degli abbonamenti ai mezzi pubblici), una parte crescente (circa il 17%) della popolazione ha diminuito drasticamente la sua mobilità tra il 2008 e il 2012, in particolare quella per motivi di svago e relazione. Siamo entrati nella decrescita anche nei trasporti. Ed è una decrescita «infelice». In Italia ognuno di noi compie mediamente più di tre spostamenti al giorno, percorrendo in tutto ben 36 chilometri in oltre un’ora di tempo. La maggior parte degli spostamenti (52%) si mantiene al di sotto dei cinque chilometri, anzi nelle città la mobilità di prossimità inferiore a questo limite comprende il 62% dei viaggi. Solo il 3% degli spostamenti degli italiani è maggiore di 50 chilometri. Ma in Italia, come all’estero, gran parte degli spostamenti avviene con mezzi a motore, auto o moto di proprietà. L’automobile poi è sfruttata malissimo: con una media di 1,16 persone a bordo. Una tonnellata di ferro e di plastica (molto di più per i possessori di Suv) per portare 100 chilogrammi di biomassa umana. Per ogni chilometro percorso in automobile si emettono mediamente 160 grammi di Co2 per passeggero. Quattro volte di più che con il treno o in autobus. Come ridurre, nel prossimo futuro, le emissioni pro capite anche nei trasporti? E la mobilità di domani come sarà? Queste le domanda di fondo cui prova a rispondere lo speciale di Popoli di marzo, analizzando le alternative di mobilità sostenibile e le buone pratiche già diffuse in Italia e nel mondo.