Il rapporto annuale sullo stato di salute del Paese

Roma. In Italia ancora troppe auto, ma meno emissioni: i dati nel Rapporto Ambiente Italia 2009 di Legambiente

Roma. In Italia ancora troppe auto, ma meno emissioni: i dati nel Rapporto Ambiente Italia 2009 di Legambiente

In fatto di ambiente vero punto dolente rimane la mobilità: gli spostamenti personali e delle merci, si svolgono in larga parte su strada. Il tpl segna una ripresa insignificante rispetto ad altri paesi europei. Aumentate le piste ciclabili, nessun passo avanti rispetto all' uso negli spostamenti quotidiani necessari

Il trasporto pubblico in Italia segna una ripresa insignificante rispetto agli altri paesi europei e se pure sono aumentate le piste ciclabili, non ci sono stati passi avanti rispetto al loro uso negli spostamenti quotidiani necessari ma solo per L'aspetto ludico.

E' quanto rileva il Rapporto Italia 2009 presentato ieri da Legambiente ed elaborato dall’istituto di ricerche Ambiente Italia.

Dal punto di vista più strettamente ambientale, il vero punto dolente rimane la mobilità: sia gli spostamenti personali che quelli delle merci, si svolgono in larga parte su strada (74% del totale per il trasporto delle merci). Il trasporto pubblico segna una ripresa insignificante rispetto agli altri paesi europei e se pure sono aumentate le piste ciclabili, non ci sono stati passi avanti rispetto al loro uso negli spostamenti quotidiani necessari ma solo per l’aspetto ludico.

Il parco veicolare si mantiene spropositatamente elevato ma – grazie all’efficacia della fiscalità ambientale e quindi all’alta tassazione sui carburanti – il nostro paese si conferma, insieme alla Francia, quello col parco auto a minor emissione di Co2 (146 g/km contro una media europea di 158), ma nelle città polveri sottili e ossidi di azoto restano due emergenze per la qualità dell’aria.
Nel 2007, nel 70% circa dei Comuni capoluogo, in almeno una centralina di monitoraggio la media annuale del biossido di azoto ha superato il valore limite (40 µg/m3), mentre nelle grandi città solo in un caso su tredici si ha un valore medio di tutte le centraline inferiore al limite. Nello stesso anno, il 65% di tutte le stazioni di monitoraggio ha registrato il superamento del valore limite giornaliero del PM10 (50microgrammi/metro cubo per non oltre 35 giorni all’anno), con una situazione eccezionalmente critica nelle regioni padane e a Roma (oltre l’80% dei casi in Emilia, Lombardia, Piemonte e Lazio).

Calano, per la prima volta, le emissioni di gas climalteranti (del -1,7%), ma non grazie alle politiche messe in campo quanto piuttosto al casuale effetto della combinazione tra bassa crescita economica e alte temperature invernali che determinano minori consumi energetici per usi civili. Con 570 milioni di tonnellate di C02 equivalente, l’Italia è comunque il terzo paese europeo per emissioni (era il quinto nel 1990) ed è ancora il 17,5% sopra l’obiettivo che dovrà essere raggiunto al 2012.

Nel 2007 è proseguita anche la contrazione del gettito da tassazione ambientale (in rapporto al Pil, l’Italia mostra la massima riduzione in tutta l’Unione Europea), che ad oggi rappresenta lo strumento più efficace nell’indirizzare scelte e comportamenti. Nel 2007 la fiscalità ambientale (accise petrolifere, tasse automobilistiche, imposte rifiuti ecc), ha raggiunto il minimo storico degli ultimi trenta anni in rapporto alle entrate tributarie (8,9% sul totale di tasse dirette, indirette e in conto capitale), il minimo degli ultimi venticinque anni in rapporto alla pressione fiscale (6,1% sul totale di entrate tributarie e contributi sociali), il minimo degli ultimi venti anni in rapporto al Pil (2,7%).

Dopo 15 anni di continua crescita economica e sociale, il mondo a metà del 2008 è andato incontro ad un devastante crollo finanziario e industriale e alla prima vera recessione globale dalla fine della seconda guerra mondiale. Negli anni floridi per lo sviluppo e l’economia mondiale, l’Italia non ha però risolto nessuno dei suoi problemi strutturali: il divario tra Nord e Sud, il dilagare del potere mafioso, il debito pubblico hanno continuato a segnare l’immagine di un paese in costante declino. Eppure non mancano le performance positive, le eccellenze e le opportunità su cui il Paese può scommettere. A partire dal settore – problematico e controverso – dei rifiuti, metafora ideale dei problemi e delle politiche italiane analizzato soprattutto in chiave positiva, per valorizzare le esperienze virtuose nelle quali innovazione e design, riciclo industriale e valorizzazione energetica hanno saputo costruire pezzi significativi dell’economia e dello sviluppo.

“I dati di Ambiente Italia 2009 sono il giusto strumento per capire in quali settori intervenire per intraprendere il green new deal globale da cui l’Italia non può e non deve rimanere esclusa – ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza –. Un aiuto in questo senso può venire dalle politiche per il contrasto del cambiamento climatico che dovranno attivare un sistema di incentivi e penalizzazioni e ripensare la politica fiscale, in modo da spostare la tassazione dal lavoro al consumo di risorse preziose come quelle ambientali. Piuttosto che investire in grandi opere e intervenire per consolidare ulteriormente il potere e il monopolio di pochi grandi gruppi industriali, è necessario cambiare obiettivi: promuovere innovazione e ricerca, investire in manutenzione del suolo, favorire il riciclaggio dei rifiuti e la raccolta differenziata, per poter valorizzare tutto quel tessuto di piccole e medie imprese che caratterizzano la parte migliore dell’economia e dello sviluppo del Paese”.

Molti indicatori confermano questa situazione, a partire da quelli sociali, con l’aumento della disuguaglianza interna (nel 2000 il 20% della popolazione più ricca guadagnava 4,8 volte quello che guadagnava il 20% più povero, nel 2006 la percentuale è salita al 5,6), il calo degli investimenti in istruzione e cultura, la frequenza scolastica ben sotto la media europea e la distanza con gli altri paesi nella ricerca scientifica.

“C’è ancora molto da fare – ha dichiarato Duccio Bianchi dell’Istituto di ricerche Ambiente Italia – per vincere la sfida della sostenibilità e due sono i settori che offrono le maggiori opportunità anche occupazionali ed economiche, sviluppando le caratteristiche tipiche del Paese: l’edilizia, promuovendo un’industria e i servizi incentrati sull’efficienza energetica degli immobili, e la mobilità, sfruttando tutte le opzioni della obbligatoria conversione ambientale attraverso la produzione innovativa di veicoli privati, di trasporto pubblico di massa, di nuove infrastrutture per la mobilità sostenibile”.Manu Mich. – clickmobility.it

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