In Italia, solo 8 regioni superano i 1.000 km di rete ferroviaria (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania e Sicilia). Le altre hanno una dotazione inferiore o uguale a 500 km, ad eccezione di Puglia e Calabria che sono intorno agli 800 km
Quarant’anni fa, l’Italia aveva una dotazione complessiva di quasi 4mila km di autostrade, seconda solo alla Germania che ne aveva più di 6mila. Oggi il nostro Paese ha 6.600 km di autostrade, mentre la Germania ne ha quasi 13mila. In nove anni, pur rallentando molto gli investimenti, quest’ultima nazione ha costruito circa mille km di autostrade mentre noi solo 151.
E le ferrovie? Dei 16mila km di binario gestito dalla Rete ferroviaria italiana, solo mille sono ad alta velocità. E il Sud viaggia ancora in gran parte su monorotaia. Quanto ai porti, poi, malgrado i quasi 800 attracchi, la situazione è paradossale: scarsi i collegamenti intermodali, latitanti le sinergie con le altre strutture, vincolati dalla vicinanza dei centri urbani e impossibilitati a crescere, quelli italiani “perdono” la sfida con i “grandi” del Nord.
Intanto solo 3 delle 18 opere strategiche contenute nella Legge Obiettivo sono state realizzate, mentre la spesa per infrastrutture è in costante calo.
Guardando la fotografia della nostra dotazione, tratteggiata nel I° Rapporto sullo stato delle infrastrutture in Italia di Unioncamere e Uniontrasporti, sembra giunto davvero il “momento di cambiare passo”, così come indicato nel titolo del convegno di ieri.
Perché i “costi del non fare”, come ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, “minano la capacità delle nostre imprese di recuperare il terreno perso in questi anni di crisi economica e compromettono lo sviluppo futuro dei nostri territori. Dopo la crescita del 25% degli investimenti pubblici in infrastrutture in Italia tra il 1997 ed il 2004, abbiamo sperimentato un trend negativo – tuttora in atto – che ha riportato l’ammontare degli investimenti in valore assoluto ai livelli di metà anni ’90. Eppure il binomio infrastrutture sviluppo è l’unico su cui possiamo giocare qualche sfida per aprirci all’Europa e al mercato estero”.
La rete stradale italiana (escludendo le strade comunali) ha una lunghezza di 183.705 km, dei quali il 4% sono autostrade, l’11% altre strade di interesse nazionale (Strade Statali) e l’86% strade regionali e provinciali.
La rete autostradale (6.630 km totali) ha una trama è molto fitta al Nord, soprattutto nella Pianura Padana. Man mano che si scende verso sud la maglia diventa sempre più rada e ci sono interi territori che non sono coperti, soprattutto nel Centro, dove ad esempio l’Umbria conta solo 59 km di autostrade su poco più di 5 mila km di rete complessiva.
Le strade statali (19.000 km) registrano una estensione nel Mezzogiorno doppia rispetto a quella degli altri territori. Il maggiore contributo è quello delle regioni peninsulari con oltre 51 mila km. Le rimanenti ripartizioni hanno un numero di km abbastanza simile tra loro.
In generale le strade regionali e provinciali superano l’80% in tutte le ripartizioni. Tuttavia, mentre Nord Ovest, Nord Est e Centro presentano una suddivisione della rete stradale nelle diverse classi piuttosto omogenea tra loro, nel Mezzogiorno vi sono intere regioni, come Sardegna, Basilicata o Molise, dove le autostrade sono completamente assenti o marginali.
Dai dati precedenti, è facile ricavare le principali criticità che interessano la rete stradale:
* Manca un’idea di crescita economica che riconosca il ruolo fondamentale degli investimenti in infrastrutture, non solo stradali ma nel loro complesso di reti e nodi.
* L’ammodernamento della rete viaria è fermo da anni, soprattutto nel comparto autostradale. La Legge Obiettivo aveva programmato interventi mirati a sopperire a questo deficit attraverso la predisposizione di uno specifico piano. Ma spesso tali interventi sono rimasti fermi a causa della mancanza di fondi.
* E’ evidente l’utilizzo prevalente della modalità stradale per le persone e per le merci, con gravi fenomeni di congestione sulle arterie viarie: in Italia viaggia su strada il 91% delle merci interne, mentre i passeggeri si muovono nell’82% dei casi con mezzi privati.
La rete gestita da Rete Ferroviaria Italiana ha una estensione di 16.701 km di cui circa 60 km all’estero. I km di linee complementari, che rappresentano la maglia di collegamento dei bacini regionali e connettono tra loro le direttrici principali, sono il 56% della rete e sono presenti prevalentemente nelle regioni del Mezzogiorno. Le linee fondamentali (caratterizzate da un’alta densità di traffico e da una elevata qualità dell’infrastruttura) interessano le direttrici per i collegamenti nord-sud e trasversali tra Tirreno e Adriatico. Le linee a doppio binario sono il 45% del totale e risultano elettrificate nella quasi totalità (7.431 km). Le linee a trazione diesel sono tutte a binario singolo. Il Mezzogiorno ha la maggiore estensione di ferrovie (5.730 km), ma anche il maggior numero di km a binario singolo (pressappoco i 2/3) e circa il 41% della rete complessiva non è elettrificata. A seguire si incontra il Nord Ovest con 4.154 km. La ripartizione che presenta il maggior numero di km elettrificati è il Nord Est con l’80%, mentre il Centro è l’area che ha la rete a doppio binario più estesa (2.016 km pari al 58% della rete complessiva della ripartizione). In Italia, solo 8 regioni superano i 1.000 km di rete (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania e Sicilia). Le altre, invece, hanno una dotazione inferiore o uguale a 500 km (ad eccezione di Puglia e Calabria che sono intorno agli 800 km). Le differenze non sono quindi solo di tipo quantitativo, ma soprattutto di tipo qualitativo a seconda del numero di binari e del tipo di trazione.
La rete AV/AC si estende per circa 1000 km. Il progetto ha comportato la costruzione di 661 km di nuove linee e l’ammodernamento della “direttissima” Roma – Firenze (254 km). Attraversa 6 regioni e un territorio in cui vive e lavora oltre il 65% della popolazione.
Tra le principali criticità della rete ferroviaria italiana figurano:
* la distribuzione non capillare sul territorio;
* in molte zone del Paese il servizio poggia su reti non elettrificate e a binario unico;
* nel trasporto regionale l’utenza lamenta l’utilizzo di materiale scadente, vetusto e poco confortevole, perenni ritardi con grandi incertezze sui tempi di arrivo.
* la liberalizzazione nel nostro Paese si è dimostrata poco efficace per le modalità con cui è stata attuata. Da parte di molti operatori si lamenta la presenza di forti barriere all’entrata, imposte dal gestore della rete, a favore di Trenitalia;
* per quanto riguarda le merci, si continua a registrare da parte dello Stato una prevalenza di investimenti nel settore dell’autotrasporto. Secondo le statistiche Eurostat sulla rete italiana viaggia solo l’11% delle merci. Manu Mich. – clickmobility.it