La Regione rassicura sulla volontà di tradurre il lavoro dell'Osservatorio in azioni concrete

VENEZIA. PIU' VALORE ALLA VITA: L'OSSERVATORIO REGIONALE SULLA SICUREZZA STRADALE PRESENTA DATI E RESOCONTO LAVORO SVOLTO

VENEZIA. PIU' VALORE ALLA VITA: L'OSSERVATORIO REGIONALE SULLA SICUREZZA STRADALE PRESENTA DATI E RESOCONTO LAVORO SVOLTO

“Dai lavori dell’Osservatorio è emersa l’esigenza di un maggiore raccordo tra enti e istituzioni interessate, e su questo si provvederà” spiega Fojadelli, presidente del Comitato Permanente Ristretto dell’Osservatorio

A conti fatti la strada uccide in Italia 6 mila persone l’anno.
Antonio Fojadelli, Procuratore capo di Treviso e presidente del Comitato Permanente Ristretto dell’Osservatorio sulla sicurezza stradale del Veneto non lascia ombre nelL'illustrare ieri il  lavoro svolto e le proposte emerse nei primi tre mesi di attività dell’organismo, voluto dalla Giunta veneta per rendere più efficaci gli interventi a favore della sicurezza nella circolazione.

"I numeri dei morti? Come a dire tre Vajont, e questo avviene nell’indifferenza della nostra società – sottolinea -. La vita umana è il bene più prezioso e quella che si perde per un incidente sulla strada non può essere ricondotta ad una semplice questione assicurativa”.
A rassicurare sulla volontà della giunta di seguire le iniziative  che emergono dal lavoro dell’Osservatorio per tradurle in azioni concrete  ha pensato l’assessore alle politiche della mobilità Renato Chisso.
“Un’attività – ha ricordato Chisso – che riguarda sia la prevenzione sia la repressione. Servono strade più sicure e la Regione nell’ultimo quinquennio ha investito circa 20 milioni di euro l’anno per eliminare i punti neri della viabilità minore e altrettanti ce ne saranno nel bilancio 2006. Ma c’è bisogno anche di operare sulle persone, sugli automobilisti, per far crescere la coscienza del pericolo e della necessità di comportamenti corretti. Sul piano repressivo intendiamo fare nostra la proposta dell’Osservatorio e metteremo a punto una iniziativa di legge regionale da presentare al Parlamento nazionale perché sia rivista la normativa riguardante gli omicidi colposi sulla strada; tra l’altro non è tollerabile che chi ha già ucciso perché guidava con superficialità, pericolosamente o sotto l’azione di alcol e droghe possa continuare a condurre un veicolo, fidando nell’impunità o perché dopo qualche mese gli è stata ridata la patente”.

Dai lavori dell’Osservatorio è emersa l’esigenza di un maggiore confronto tra enti e istituzioni interessate.
"Si provvederà a raccordare le attività ma serve in generale un forte messaggio a livello culturale – ha ribadito Fojadelli – per modificare anzitutto i comportamenti di chi si mette alla guida di un veicolo: guidare è una responsabilità. Non si tratta solo di salvare vite, ma anche di evitare lesioni spesso irrecuperabili: per ogni morto ci sono tre invalidi permanenti, oltre ai feriti, ai costi materiali, a quelli sociali e ad insopportabili costi familiari e personali. La strada è la prima causa di morte nella fascia di età compresa tra i 18 e i 35 anni. In più, le statistiche ci dicono che gli incidenti più gravi sono ai danni dei soggetti più deboli, pedoni e ciclisti”.

“Oggi un omicidio colposo – ha poi precisato il procuratore di Treviso – si patteggia a sei mesi con la condizionale: è un fatto che attenua il senso del valore della vita e che banalizza i comportamenti a rischio. Tutto questo viene spesso rispecchiato dalle cronache, dove si parla ad esempio di curva della morte, trasferendo la responsabilità dalla condotta personale alla cosa inanimata. C’è persino scarsa sensibilità nel porre in essere misure di sicurezza come la cintura o i seggiolini per bambini. Di certo è necessario migliorare la qualità del rilascio dei certificati di idoneità alla guida.”. “Investire in sicurezza significa anche tendere ad un risparmio – ha concluso Fojadelli – ma non è questo che ci spinge ad operare, bensì la coscienza della sacralità della vita”.

I dati 2004 M. Gio M. – clickmobility.it

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